IL TRIBUNALE
   A scioglimento della riserva ha pronunciato la  seguente  ordinanza
 per la rimessione di questione di legittimita' costituzionale.
   1.1.  -  Pier Paolo Mariani ha chiamato in giudizio con ricorso del
 14 aprile 1998 l'INPS ed ha esposto che egli,  non  essendo  piu'  in
 grado  di  lavorare  come  collaudatore  meccanico dipendente a causa
 della grave  malattia  cronica  di  cui  soffriva,  aveva  presentato
 domanda il 21 novembre 1995 per ottenere la pensione di inabilita'.
   La domanda era stata respinta dall'INPS.
   Egli aveva presentato ricorso amministrativo contro tale decisione.
 Nel  frattempo, non essendo piu' nelle condizioni di lavorare a tempo
 pieno a causa della malattia, aveva chiesto alla impresa di  cui  era
 dipendente  il  tempo  parziale  e  lo aveva ottenuto dal l settembre
 1996, con una retribuzione  inferiore  a  quella  percepita  fino  ad
 allora.
   Il  6  dicembre  1996 l'INPS gli aveva comunicato che a seguito del
 ricorso gli era  stato  riconosciuto  il  diritto  alla  pensione  di
 inabilita'.
   L'INPS  gli  aveva poi concesso e liquidato la pensione dal 1 marzo
 1997.
   Nel ricorso e'  stato  esposto  che  l'INPS  aveva  determinato  la
 pensione   calcolando   per   il   suo  ammontare,  tra  l'altro,  la
 retribuzione piu' bassa percepita dal settembre al 31  dicembre  1996
 in relazione al lavoro prestato a tempo parziale.
   Per  tale  ragione la pensione era risultata inferiore a quella che
 si riteneva spettargli, se fossero stati calcolati  diversamente  gli
 elementi che concorrevano a determinarne l'importo.
   Il  ricorso  presentato  contro  la liquidazione della pensione non
 aveva avuto esito positivo.
   1.2. - La difesa ha  sviluppato  argomentazioni  e  tesi  volte  ad
 ottenere  l'accoglimento  delle  domande precisate, quali sono quelle
 delle conclusioni che si trascrivono:
     si chiede che il sig. pretore di Bologna con sua sentenza, previa
 eventualmente remissione alla Corte  costituzionale  della  questione
 sopra riassunta, voglia:
      1) dichiarare in contraddittorio con l'INPS che il ricorrente ha
 diritto alla concessione della pensione dal 1 dicembre 1995, e che il
 suo  importo deve essere determinato sulla base dei contributi sino a
 quella data maturati, ovvero in subordine;
      2) dichiarare che il  calcolo  della  pensione,  con  decorrenza
 riconosciuta  dal  1 marzo 1997, debba essere effettuato in ogni caso
 sulla base dei contibuti maturati a tutto il 31 agosto 1996;
      3) condannare di conseguenza l'INPS, in persona  del  presidente
 pro-tempore,  al  pagamento  in  favore  del  ricorrente dei ratei di
 pensione dal 1 gennaio  1997  al  28  febbraio  1997,  nonche'  della
 differenza  sui ratei di pensione maturata dal 1 marzo 1997 sino alla
 data della sentenza, nel loro importo risultante dalla  dichiarazione
 di  cui  ai punti 1 e 2, e che sara' determinato eventualmente per il
 tramite di CTU contabile.
   1.3. - La difesa ha sostenuto, tra l'altro, che le norme vigenti ed
 applicate dall'INPS per i  calcoli  eseguiti  per  la  determinazione
 della   pensione,  con  il  computo  della  retribuzione  piu'  bassa
 percepita dal ricorrente nell'ultimo periodo  di  lavoro  prestato  a
 tempo  parziale,  per la gia' riconosciuta invalidita', contrastavano
 con  il  principio  di  razionalita'  di   cui   all'art.   3   della
 Costituzione.
   La  difesa  ha  richiamato come precedente a favore di tale tesi le
 sentenze della Corte costituzionale nn. 307/1989, 428/1992 e 264/1994
 e le affermazioni di principio in esse  contenute;  ha  formulato  la
 eccezione  nel  modo  che  si trascrive di seguito: "in subordine, si
 chiede  che  il  pretore  adito  voglia  sollevare,  in  quanto   non
 manifestamente  infondata, questione di costituzionalita' della norma
 (art. 3, d.lgs.  30 dicembre 1992, n. 503, e art. 1, comma 17,  legge
 8 agosto 1995, n. 335) nella parte in cui non prevede che, in caso di
 prosecuzione  del  rapporto  di  lavoro  con  rapporto  part-time, il
 calcolo della pensione non possa risultare  inferiore  a  quello  che
 deriverebbe dall'esclusione dell'ultimo periodo lavorato".
   2.1.  -  L'INPS  ha  dedotto  che  era  stato attribuito al Mariani
 l'assegno di invalidita' con decorrenza dalla domanda, dal 1 dicembre
 1995, mentre gli  era  stato  negato  il  diritto  alla  pensione  di
 inabilita'.
   Successivamente  l'INPS  aveva  accolto  il  ricorso presentato dal
 lavoratore  contro  il  rigetto  della  domanda  della  pensione   di
 inabilita',  con delibera del 28 novembre 1996, con il riconoscimento
 che lo stato di inabilita' era presente il 1 dicembre 1995.
   L'assicurato aveva comunicato all'INPS nel  gennaio  del  1997  che
 avrebbe cessato il lavoro dal 1 marzo 1997.
   A   seguito   di   tale  comunicazione  l'INPS  aveva  liquidato  e
 corrisposto all'assicurato la pensione di inabilita', con  decorrenza
 dal 1 marzo 1997.
   2.2. - La difesa dell'INPS ha contestato che potesse essere accolta
 la  domanda  di  "retrodatazione"  del pagamento della pensione dal 1
 gennaio 1997, poiche' era documentato che Mariani aveva proseguito il
 lavoro e percepito la retribuzione fino al 28 febbraio 1997.
   In ordine alle altre domande del ricorrente la difesa dell'INPS  ha
 cosi' dedotto:
     "la  decorrenza  della  pensione  di  inabilita' del sig. Mariani
 Pierpaolo puo' solo essere quella in cui si ritiene si sia costituito
 il diritto alla pensione di inabilita', ovvero:
     alla data di presentazione della domanda  amministrativa,  ovvero
 dal  1  dicembre  1995,  se  si  ritiene  che  la  cessazione  di una
 qualsivoglia attivita' lavorativa non sia  elemento  costitutivo  del
 diritto, ma mera condizione di erogabilita' della prestazione;
     dal  primo  del  mese  successivo  alla cessazione dell'attivita'
 lavorativa, ovvero dal 1 marzo 1999, se si ritiene che la  cessazione
 dell'attivita'  lavorativa  e'  elemento costitutivo del diritto alla
 pensione, non condizione per la sua erogabilita';
     ne consegue che l'accoglimento della prima  ipotesi  comporta  la
 determinazione  dell'importo  della  pensione computando i contributi
 versati fino al 30 novembre 1995, di contro  accogliendo  la  seconda
 ipotesi  andranno  computati i contributi versati sino al 28 febbraio
 1997: non e' data una terza ipotesi di decorrenza".
   La difesa dell'INPS ha anche aggiunto un'ulteriore considerazione:
     "C.2) neppure si contesta  il  fatto  che  facendo  decorrere  la
 pensione  di  inabilita'  dal 1 dicembre 1995 l'importo mensile della
 stessa sia, alla data della sua erogabilita' 1 marzo 1997, di importo
 superiore a quello attualmente  corrisposto  attraverso  la  pensione
 numero 15.029.696, categoria IO".
   La difesa dell'INPS ha cosi' concluso:
     "1) dichiararsi che la cessazione dell'attivita' lavorativa e' il
 momento  costitutivo del diritto alla pensione di inabilita' del sig.
 Mariani Pierpaolo;
     respingersi quindi la domanda di retrodatazione della  decorrenza
 della pensione di inabilita'.
   In via subordinata:
     2)  nella  denegata  ipotesi che la domanda di retrodatazione sia
 accolta, dichiararsi che la sua decorrenza e' quella del  1  dicembre
 1995 e la sua erogabilita' decorre dal primo del mese successivo alla
 data  di  cessazione  dell'attivita'  lavorativa,  ovvero dal 1 marzo
 1997; respingersi di conseguenza sia  la  richiesta  di  computo  dei
 contributi versati a tutto il 31 agosto 1996;
     2.a)  respingersi la richiesta di condanna al pagamento dei ratei
 di pensione dal 1 gennaio 1997 al 28 febbraio  1997  avendo  in  quel
 periodo il sig. Mariani prestato attivita' lavorativa".
   3.  -  Il  difensore  del ricorrente ha dichiarato di non insistere
 nella domanda per i ratei della pensione dal 1 gennaio al 28 febbraio
 1997.
   4. - Con sentenza non definitiva del 22 dicembre 1998 il pretore ha
 dichiarato che "il ricorrente ha diritto alla pensione di inabilita',
 domandata il 21 novembre 1995,  dal  1  dicembre  1995  sussistendone
 all'epoca   le   condizioni   di   contribuzione   ed   i   requisiti
 medico-legali, ed ha diritto alla corresponsione della pensione dal 1
 marzo 1997, nella misura che sara' determinata nella prosecuzione del
 giudizio, cui si provvedera' con separata e riservata ordinanza".
   5. - Nella prosecuzione del  processo  il  difensore  dell'INPS  ha
 prospettato che esisteva la possibilita' che l'istituto liquidasse la
 pensione  riconosciuta  al Mariani con un criterio diverso rispetto a
 quello di considerare "una maggiorazione  contributiva  pari  al  50%
 delle  settimane  intercorrenti  tra  la decorrenza della pensione di
 inabilita' e il compimento dell'eta'  pensionabile",  quale  previsto
 dalla  legge  in  caso  di  cessazione  del rapporto di lavoro con un
 orario a tempo parziale.
   Poiche' tale indicazione non  si  e'  realizzata  di  fatto  si  e'
 proceduto alla ulteriore discussione della controversia.
                        Motivi della decisione
                     La rilevanza della questione
   6.  -  Il  giudice  ritiene  di  non  poter pronunciare la sentenza
 definitiva sull'ammontare della pensione di inabilita'  spettante  al
 ricorrente, prima e senza che sia decisa la eccezione di legittimita'
 delle norme che disciplinano la materia e che devono essere applicate
 nel  caso e senza che sia eseguito un accertamento contabile, dopo la
 decisione della Corte.
   La questione  -  nei  termini  di  cui  si  dira'  -  e'  rilevante
 pregiudizialmente per la pronuncia della sentenza.
   E'  stato  accertato  e deciso che il ricorrente aveva alla data di
 presentazione della domanda i requisiti di contribuzione e  personali
 per  il  diritto  alla  pensione;  che  egli  cesso' di lavorare e di
 guadagnare il 28 febbraio 1997.
   La pensione poteva essergli liquidata  e  corrisposta  solo  dal  1
 marzo 1997.
   6.2. - Non risulta che sia prevista dalla legge la possibilita' per
 il  ricorrente  di  rinunciare  in  tutto o in parte al calcolo delle
 retribuzioni percepite per il lavoro a tempo parziale prestato dal  1
 settembre  1996  al  28  febbraio  1997, ai fini della determinazione
 della pensione, in quanto cio' sarebbe piu' vantaggioso per lui.
   Tale  ipotesi  non  e'  stata  presa in considerazione nel corso di
 questo processo dall'1NPS, la cui difesa ha ammesso espressamente che
 il computo della retribuzione pensionabile  e  del  periodo  a  tempo
 parziale sono stati sicuramente svantaggiosi per l'assicurato.
   6.3.  -  In  base  a  questi  dati di fatto il giudice, allo stato,
 dovrebbe respingere la domanda.
   Da cio' la rilevanza della questione.
                     Il fondamento della eccezione
   7.1. - La pensione di inabilita' e' prevista e regolata dalla legge
 12 giugno 1984 n. 222 (Revisione della disciplina  della  invalidita'
 pensionabile);  i  criteri per il riconoscimento del diritto e per la
 erogazione al soggetto inabile della  pensione  sono  nei  primi  due
 commi dell'art. 2 della legge.
   Esiste tuttora, per quanto consta al giudice, una divergenza tra la
 interpretazione  data  dalla  giurisprudenza  alle disposizioni sulla
 fattispecie a formazione progressiva che  conduce  al  riconoscimento
 del  diritto  alla  pensione  e  alla  sua erogazione, quale e' stata
 ricordata ed applicata nella sentenza non definitiva  pronunciata  in
 questo  processo,  e  quella  di  cui  alle  direttive  e alle prassi
 applicative dell'INPS, di cui anche la prosecuzione del  processo  e'
 concreta dimostrazione.
   7.2.  -  L'art. 2, terzo comma della legge ha fissato i criteri per
 la determinazione ed il calcolo della pensione di inabilita':
     "3. La pensione di  inabilita',  reversibile  ai  superstiti,  e'
 costituita dall'importo dell'assegno di invalidita', non integrato ai
 sensi  del  terzo comma del precedente articolo, calcolato secondo le
 norme  in  vigore  nell'assicurazione   generale   obbligatoria   per
 l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti
 ovvero  nelle  gestioni  speciali  dei  lavoratori autonomi, e da una
 maggiorazione determinata in base ai seguenti criteri:
      a) per l'iscritto nell'assicurazione generale  obbligatoria  per
 l'invalidita',   la   vecchiaia   ed   i  superstiti  dei  lavoratori
 dipendenti, la maggiorazione e' pari alla differenza tra l'assegno di
 invalidita' e quello  che  gli  sarebbe  spettato  sulla  base  della
 retribuzione  pensionabile,  considerata  per il calcolo dell'assegno
 medesimo con una anzianita' contributiva aumentata di un periodo pari
 a quello compreso  tra  la  data  di  decorrenza  della  pensione  di
 inabilita'  e  la  data di compimento dell'eta' pensionabile. In ogni
 caso, non puo' essere computata una anzianita' contributiva superiore
 a 40 anni".
    Tali criteri sono stati parzialmente modificati dall'art. 1, commi
 15 e 17 della legge  8  agosto  1995  n.  335  (Riforma  del  sistema
 pensionistico obbligatorio).
   8.1.  -  Come  si  rileva dalle norme l'ammontare della pensione di
 inabilita' e' formato da due parti.
   La prima e' l'importo dell'assegno di invalidita'.
   La seconda parte e' costituita dalla  maggiorazione,  (cioe'  dalla
 somma  che  si aggiunge all'importo dell'assegno di invalidita'), che
 e'  formata  dalla  differenza  tra   l'ammontare   dell'assegno   di
 invalidita'  riferibile  al  caso  e  il  diverso  e maggiore importo
 dell'assegno  che  deve  essere  calcolato  secondo  il  criterio  di
 attribuire  e  conteggiare a favore del soggetto inabile una fittizia
 anzianita' contributiva rapportata al periodo di tempo che  va  dalla
 data di decorrenza della pensione di inabilita' alla data in cui egli
 raggiungerebbe l'eta' pensionabile di 60 anni.
   8.2.  -  Sui  criteri  dettati dalle norme per la determinazione di
 tale maggiorazione contributiva convenzionale, da utilizzare  per  il
 computo  della  maggiorazione  economica  che  costituisce la seconda
 componente  della  pensione  di  inabilita',  sorgono   problemi   di
 interpretazione,  che  vengono  risolti  con  la  ordinaria esegesi e
 decisi  dal  giudice,  ma  anche   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale che e' stata eccepita e che si intende proporre.
   9.  -  Secondo  la  interpretazione  data in questo processo con la
 sentenza non definitiva, il diritto alla pensione di inabilita' sorge
 quando  sussistono  le  condizioni  di  inidoneita'  al  lavoro  e  i
 presupposti della contribuzione.
   Nel caso tutte le condizioni esistevano al momento della domanda, e
 hanno fatto riconoscere il diritto alla pensione dal 1 dicembre 1995.
   E'  una conseguenza di tale decisione che il periodo della maggiore
 anzianita' contributiva debba essere calcolato dalla data in  cui  e'
 sorto il diritto alla pensione.
   Su  tali  aspetti non v'e' problema di legittimita' delle norme; la
 decisione e' contenuta nella sentenza.
   10.1. - La questione di legittimita' costituzionale nasce invece, e
 non  appare  al  giudice  risolvibile  con  una  interpretazione   di
 adeguazione  alla  Costituzione,  sulle norme che regolano il computo
 della maggiorazione convenzionale, cioe' della  seconda  parte  della
 pensione  di  inabilita';  cio' e' dimostrato anche dal comportamento
 dell'INPS nella seconda fase del processo.
   Non e' controverso che la determinazione e  la  liquidazione  della
 pensione  e  la  corresponsione  di  essa  al lavoratore inabile puo'
 essere fatta anche in un tempo successivo al nascere del diritto alla
 pensione, in quanto la concessione, la liquidazione ed  il  pagamento
 sono collegati alla cessazione effettiva del lavoro dell'assicurato e
 alla  mancanza  di  ogni  retribuzione,  secondo  quanto  e' disposto
 dall'art. 2, comma 2 della legge.
   10.2.  -  Per  individuare  quale  debba  essere  la  "retribuzione
 pensionabile"  di  cui  all'art.  2, comma 3, lett. a) della legge n.
 222/1984 vengono in applicazione le modifiche introdotte  dal  d.lgs.
 30  dicembre  1992  n.  503  (Norme per il riordinamento del sistemta
 previdenziale dei lavoratori) privati e pubblici, a norma dell'art. 3
 della legge 23 ottobre 1992 n. 421), e quelle dell'art. 1, commi 15 e
 17  della  legge  8  agosto  1995  n.  335   (Riforma   del   sistema
 pensionistico obbligatorio e complementare).
   Poiche'  il ricorrente aveva proseguito a lavorare a tempo parziale
 dal 1 settembre 1996 ed aveva percepito la relativa retribuzione fino
 al 28 febbraio 1997, nel calcolo eseguito per la determinazione della
 pensione vennero calcolate tali retribuzioni.
   Il fatto che nell'ultimo  periodo  di  lavoro  questo  fosse  stato
 prestato  a  tempo  parziale  ha richiamato la applicazione di quanto
 disposto dall'art. 5, undicesimo comma del d.-l. 30 ottobre  1984  n.
 726,  convertito  nella  legge  19  dicembre  1984  n. 863, che cosi'
 dispone a proposito della determinazione del trattamento di pensione:
     "nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo  pieno
 in  rapporto  di  lavoro  a tempo parziale e viceversa, ai fini della
 determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione si  computa
 per intero l'anzianita' relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e
 proporzionalmente   all'orario   effettivamente  svolto  l'anzianita'
 inerente   ai  periodi  di  lavoro  a  tempo  parziale.  La  predetta
 disposizione trova applicazione con riferimento ai periodi di  lavoro
 successivi  alla data di entrata in vigore della legge di conversione
 del presente decreto".  Come si e' gia' detto, come risulta e come e'
 stato  riconosciuto  dalla  difesa  del  convenuto,   l'INPS,   dando
 applicazione   alla  norma  da  ultimo  riportata,  ha  calcolato  la
 anzianita' contributiva fittizia del soggetto inidoneo, che  concorre
 a  formarne  la  pensione  di inabilita', nella misura del "50% delle
 settimane  intercorrenti  tra  la  decorrenza   della   pensione   di
 inabilita'  e il compimento dell'eta' pensionabile".  La applicazione
 della norma rispecchia l'orientamento dell'INPS,  quale  risulta,  ad
 esempio,  negli  "Atti  ufficiali",  dicembre  1991, pag. 39.   Nella
 risposta  al   quesito   sui   "criteri   di   determinazione   della
 maggiorazione   convenzionale  dell'anzianita'  contributiva  per  il
 periodo fra la data  di  decorrenza  della  pensione  e  la  data  di
 compimento  dell'eta'  pensionabile,  nei confronti di assicurati con
 contratto di lavoro a tempo parziale" con riferimento alla ipotesi di
 "rapporto di lavoro trasformato da rapporto a tempo pieno a  rapporto
 a  tempo parziale e cessato come tale alla data del pensionamento" e'
 stato deciso che "l'anzianita' contributiva convenzionale deve essere
 determinata in misura contratta  ed  il  numero  delle  settimane  da
 accreditare  convenzionalmente deve essere calcolato sulla base delle
 ore a tempo parziale lavorate nel  corso  dell'ultimo  anno".    Tale
 parere interpreta alla lettera la disposizione dell'art. 5.
   11.1.  -  Individuate  nelle  linee essenziali i criteri e le norme
 applicate  dall'INPS  per  la  determinazione  della   pensione   del
 ricorrente se ne possono trarre alcune considerazioni, che sorreggono
 la  valutazione  di  non  manifesta  infondatezza  della questione di
 legittimita'.
   11.2. - La prima e' che la richiesta di lavorare a  tempo  parziale
 fatta  dal  ricorrente, dopo piu' di sei mesi che aveva presentato la
 domanda per la pensione di  inabilita',  per  poter  provvedere  alle
 esigenze  di  vita con quel lavoro che poteva prestare, nonostante le
 sue  condizioni  di  salute,  in  attesa  della  decisione  e   della
 liquidazione,  ha pregiudicato in maniera sensibile l'ammontare della
 pensione, e percio' stesso anche le sue condizioni  di  vita  per  il
 futuro.  Cio'  e'  dipeso  dalla  applicazione data alle disposizioni
 dell'art. 5, undicesimo comma della legge   18 dicembre 1984  n.  863
 sul   lavoro   a   tempo   parziale,   ai  calcoli  previsti  per  la
 determinazione della pensione di inabilita'.
   11.3. - L'applicazione delle norme  citate  nel  caso  concreto  ne
 mostra  con  sufficiente  chiarezza  gli effetti negativi che ne sono
 derivati per la vita dell'assicurato divenuto inabile e  gli  aspetti
 istituzionali  che  fanno dubitare della legittimita' della normativa
 applicata.   Sotto il  primo  profilo  vi  e'  stato  il  sostanziale
 depauperamento della pensione di invalidita', cui il lavoratore aveva
 diritto   fin  dall'epoca  della  domanda.  Il  lavoratore  e'  stato
 costretto a proseguire il lavoro e a chiederlo a tempo parziale,  per
 le sue condizioni di salute, dopo il ritardo dell'INPS nel provvedere
 e  l'illegittimo  rifiuto  di  riconoscere  il suo diritto, per poter
 contare su un reddito sufficiente alle esigenze di vita.
   11.4. - Sotto l'aspetto istituzionale la combinazione  delle  norme
 applicabili  ed  applicate  nel  caso  mette in risalto la violazione
 delle  norme  dell'art.  38  della  Costituzione,   con   riferimento
 particolare  al  principio  di  adeguatezza  della  tutela  dovuta al
 lavoratore  divenuto  totalmente  inabile al lavoro di cui al secondo
 comma, ed anche al principio di ragionevolezza normativa, che si trae
 dall'art. 3 della Costituzione.
   Appare paradossale nel caso che il comportamento di  ritardo  e  di
 inadempienza  dell'INPS  nel  provvedere  al  riconoscimento  e  alla
 erogazione della pensione di inabilita' dovuta  al  lavoratore  abbia
 condotto  al  depauperamento  del  lavoratore,  con  una  sostanziale
 diminuzione  dell'ammontare  della  pensione,  in  dipendenza   della
 applicazione  della norma che riguarda le conseguenze sul trattamento
 pensionistico del lavoro prestato a tempo parziale.
   12.  -  La  Corte  costituzionale  ha  avuto  modo   di   esaminare
 recentemente,  con  la  sentenza  n.  202 del 24 maggio 1999 la norma
 dell'art. 5, undicesimo comma del d.-l. 30 ottobre 1984  n.  726  con
 riferimento  ad  una  diversa  contestazione di legittimita'.   Nella
 decisione la Corte costituzionale  ha  affermato  che  l'intento  del
 legislatore  di favorire il lavoro a tempo parziale, per incrementare
 l'occupazione ed anche di andare incontro alle esigenze di coloro che
 per ragioni personali ricorrono  a  tale  rapporto  con  orario  piu'
 breve,  non  puo'  andare  a discapito di tali lavoratori, per quanto
 attiene l'aspetto previdenziale, sotto il profilo della  razionalita'
 normativa.  Tali considerazioni potrebbero applicarsi alla ipotesi in
 cui  la  norma  incide "contemporaneamente e correlativamente ... sul
 computo  dell'anzianita'  assicurativa  ...  e  sul   calcolo   della
 retribuzione  pensionabile", senza consentire al lavoratore di optare
 o di usufruire della "neutralizzazione" degli effetti, per lui solo e
 pesantemente negativi, del lavoro prestato a  tempo  parziale,  sulla
 pensione   di   inabilita'  di  cui  aveva  chiesto  fondatamente  il
 riconoscimento e di cui ricorrevano le condizioni.
   Concorrono a far ritenere plausibile  l'ipotesi  prospettata  anche
 gli  orientamenti espressi dalla Corte costituzionale nei casi citati
 dalla difesa.
   Per queste ragioni la  questione  viene  proposta  e  rimessa  alla
 valutazione della Corte costituzionale.